20 Maggio 2012 – Nonantola

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Ero ormai a Casa da 3 anni.
tre anni passati a superare traumi accumulati che tra l’abbandono del mio convivente e il terremoto che non aveva semplificato nulla.. l’Aquila ha tormentato il mio sonno per anni. Ma poi la vita continua una volta che recuperi quel poco che riesci del passato spezzato, dei ricordi. Il peluche di quando eri piccola, qualche foto, qualche oggetto giusto per non dimenticare che si è esistiti anche prima e che la vita era normale.

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Ecco cosa fa il terremoto ti toglie la normalità dell’esistere, la semplice routine. Il piacere di piccole cose che scopri quanto ti mancano solo quando non le hai più e il senso di smarrimento che non ti abbandona mai. Ed eccomi a casa in provincia di Modena, dove iniziavo nuovamente a sentirmi al sicuro. Nella falsa convinzione che ero a casa al sicuro, dove nulla e nessuno potesse farmi male. Un’estranea però nel mio mondo ritrovato, parlare di quello che avevo passato? Dei miei incubi? delle mie paure? Era quasi impossibile chi non ha visto, sentito o patito la disperazione di una catastrofe non capisce e ti osserva come un alieno.

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Ma a quanto pare era destino che nella notte del 20 Maggio io mi svegliassi urlando la dove gli incubi dell’aquila si mescolarono risvegliandosi assieme al terremoto che ha distrutto la bassa modenese. E da quella notte non fui più un alieno ma qualcuno che vedeva nei volti delle altre persone gli stessi sguardi smarriti, feriti e terrorizzati che già avevo visto. Da un lato mi fece sentire finalmente capita, dall’altro dovetti rifare i conti con la terra che si ribellava, urlava e tremava spaccando tutto quello che era la nostra vita.

Anche allora fui fortunata.
La casa resse, non ci furono danni gravi ma la disperazione era la stessa, la dove il terremoto aveva distrutto senza pietà. Solo un assaggio di quello che ci aspettava. Passano i giorni e la gente inizia a rialzarsi dalla polvere, a rivedere e riprendere le proprie vite.

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I Mass Media ci ignorano, siamo solo una notizia di mezzo e scarso interesse, la dove dedicavano tanto tempo alle catastrofi altrove, il Modenese e le zone limitrofe colpite erano di poco conto. Noi NON FACCIAMO NOTIZIA. E oltre al danno la beffa, di un’Italia che ci ignora, finge che non sia successo nulla e a mala pena ci aiutano a riprenderci. Ma si sa che il destino è beffardo e sarà che dopo due terremoti il mio istinto in merito di era molto affinato. Ho passato giorni a passare per visionaria mentre mi guardavo attorno come un animale in gabbia e dicevo ai miei che non era finita… non era finita….
Me lo dicevano i miei sogni, il mio sonno, il mio istinto in allerta.

il 29 Maggio non servì altro e il secondo terremoto di Modena, terzo della mia vita, colpì nuovamente come uno schiaffo distruggendo quel poco che era rimasto in piedi dopo il primo sisma.

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Anche qui scrissi al tempo alcune righe.  Le riporto a Imperitura memoria di quei momenti agghiaccianti, scrivere aiutava a sfogare.

Modena, Primavera 2012.
Ero tornata a casa, la mia vera casa, la mia terra da tre anni ormai, le paure affrontate e ancora lavoravo su me stessa, la mia vita rimessa faticosamente insieme e finalmente riuscivo a dormire la notte. Stavo tornando alla normalità lottando con ogni briciola di me stessa contro la Paura, atavica, lontana e sempre presente paura. Della Bassa Modenese, di Nonantola, amavo in fondo tutto: dalle zanzare al caldo umido, dalle nebbie invernali alla brina o come diciamo noi “galaverna” che ogni mattina si attaccava a ogni superficie esterna coprendola con un gelido manto di ghiaccio candido. Dal piccolo paesotto di provincia alla ridente e opulenta cittadina dove nuovo e vecchio si fondono in un miscuglio un po’ disomogeneo ma che in fondo amavo in ogni sfaccettature. Si amavo e amo tutt’ora ma me ne sono resa conto solo la Notte del 20 Maggio 2012, quando i miei incubi ricorrenti che da tre anni mi perseguitavano, seppur con minore intensità, divenne reale.

Notte, ore 4.04
E’ stato un dejavu. Dormivo stavolta, sogni tranquilli e sonno sereno quando il terremoto mi ha colpita per la seconda volta nella mia vita. In 33 anni eccolo un secondo terrificante sisma e mi sveglio urlando. Urlo con quanto fiato ho in gola, nella paura del dormiveglia, il mio corpo sapeva già cosa stava succedendo, il mio istinto ha riconosciuto subito il terremoto, ancor prima che la mente si snebbiasse dal sonno e la ragione prendesse il controllo. I miei incubi diventano reali, il mio passato mi ha seguito fin qui, nella calma e opulenta bassa modenese. Urla che richiamano i miei genitori che arrivano di corsa, terrorizzati anche loro dal terremoto ma ancora di più dalle mie urla, consapevoli di cosa significassero.

Quando finalmente mi si snebbia la mente e ricomincio a ragionare, riprendo il controllo, ma solo dopo un lungo pianto liberatorio e tutto ricomincia come un film che viene riavvolto e rivisto fotogramma dopo fotogramma. Ma sono ancora fortunata, Nonantola, così come Modena, è in buona parte salva, la casa non ha una crepa, mentre a poche manciate di km la bassa modenese crolla su sè stessa e la storia si ripete dopo tre anni, spezzando nuove vite, nuovi paesi, ma gli occhi son sempre gli stessi e io nel mio egoismo mi consolo. Tre anni dove chiunque mi osservava incredulo, dove potevo parlare solo con la terapeuta senza essere vista come un’aliena, dove tutti minimizzavano dicendo “passerà, su devi andare avanti, su non serve aver paura” Parole vuote che mi avevano chiusa in me stessa impedendomi di esternare il dolore che avevo soffocato nel petto. Un dolore che quella notte venne esorcizzato.

Ora tutti capivano cosa provavo, ma sopratutto io ero una delle poche che capiva le paure insane, folli o impensabili, che colpivano le vittime di un terremoto. Ma qualcosa non andava, non ancora, mi sentivo come un animale in gabbia, come non mancavo di spiegare a mia madre, facendole preparare la valigia d’emergenza, spostare le cose di primaria necessità in macchina. Avevo un pensiero continuo. “Non è Finita.” Me lo sentivo in ogni briciola del mio animo e del mio corpo, l’irrequietezza che si prova prima d’un temporale e ancora non mi capivano ma per quietarmi fece la valigia e caricammo tutto in macchina. Chiamiamolo istinto, percezione o solo paura, non so cosa fosse ma venne esorcizzata definitivamente il 29 Maggio del 2012, quando il secondo sisma distrusse Cavezzo.

Quel giorno sorrisi, un sorriso amaro, triste e liberatorio.
“E’ Finita.”

La mia anima aveva ritrovato un barlume di Pace, la notte continua a farmi paura, ma so che ora, tutti noi, possiamo solo convivere con la paura e andare avanti e lentamente riavremo le nostre vite, ma il prezzo in dolore e sofferenza chiederà sempre il suo terribile tributo, che tutti noi dovremo pagare. Il Terremoto ti risucchia l’anima e quando te la restituisce è per sempre ferita.”

TERREMOTO IN EMILIA ROMAGNA

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SISMA EMILIA: NUOVE SCOSSE, PAURA E 12 VITTIME

 

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